L’impalpabilità del significante

Era il 1997.  Mancava poco alla fine del XX secolo e si aspettava con eccitazione l’avvento del nuovo millennio. La cultura del progetto viveva una tensione particolare. In quanto a me, avevo compiuto da poco trent’anni e mi ritrovavo a capo di un coordinamento di scuola e dipartimenti: Art direction, Grafica e Computer Grafica. Ero responsabile dei progetti speciali del gruppo IED, nella sezione ISC. In sostanza mi occupavo di indirizzare gli studenti a sviluppare idee innovative su tematiche prescelte e di selezionare, a seguire, le migliori ipotesi progettuali. Nel 1997 il tema chiave era quello della mobilità e del futuro dei trasporti. In Triennale era stata predisposta una mostra che portava il titolo di Urban public transport Milano 1900-2000. Mio obiettivo, in IED, era stato quello di predisporre gli studenti a progettare il marchio del futuro, un marchio dinamico che rispecchiasse una nuova idea di mobilità.  Nostro partner ATM. Questo il testo, redatto a 4 mani, che compariva sul catalogo ufficiale:

“Il mondo in cui viviamo ha ormai sancito il passaggio definitivo dalla cultura dell’Essere alla cultura delle possibilità, adottando in tal modo un nuovo modello conoscitivo che sostituisce i modelli di interpretazione della realtà fondati sulla visione, sulla costruzione sensibile e intellettiva del mondo come rappresentazione. La scienza e l’arte hanno dissolto l’oggetto, l’hanno messo in crisi, annullando completamente le teorie della cultura platonica e della filosofia della scuola di Elea, di cui Parmenide è considerato uno dei maggiori esponenti. Queste ritenevano che dietro a tutte le cose e alle loro mutevoli apparenze vi fosse l’Essere, immutabile, immobile, divino, unico e pensabile. Lo contrapponevano al divenire, cioè al mutevole, al molteplice, al movimento, considerato il non-essere, cioè mera apparenza e opinione. L’assenza delle categorie in grado di comprendere il tutto permette al concetto di “forma”, cioè di dilatazione universale, di farsi strada e di affermarsi. Così, con la caduta dello statuto classico del sapere, il significato si separa sempre di più dal suo significante, i segni si slegano dal rapporto con la cosa, che non può più essere di unicità. Ma il process dell’attualità non si ferma e, dopo aver completamente slegato il significato dal proprio segno e aver creato una moltitudine di significati fluttuanti, privi ormai di un referente fisso e determinato, focalizza la propria attenzione sul significante, producendone un ulteriore frammentazione e smaterializzazione. Questo, allora, diviene mobile, pronto ad adattarsi alle diverse esperienze che il mondo gli offre. Il nulla del significante, predisposto alla mutabilità, diviene così perfetto,; a contatto con le leggi economiche del tutto, esso si apre alle infinite possibilità, così come anni addietro si era aperto alla molteplicità dei frammenti. Ma se progettare significa riscoprire la necessità dell’essere e ritornare al cuore delle cose, allora è necessario procedere partendo dalla frammentazione del significante e tornare a scoprire la sua radice. Il tema è dunque ancora quello classico, che dagli effetti cerca di risalire alle cause. Progettare significa sapere, cioè smascherare l’illusione, quella che Parmenide definiva ‘apparenza effimera’, per impadronirsi del reale, conoscerlo e imparare a comunicarlo.

Cfr. Antonella Giardina e Loredana Parmesani, L’impalpabilità del significante, Il trasporto pubblico Urbano Milano 1900-2000, 1997, Editore Electa

 

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